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roberto-gilardi

Io sto con Anonymous

Aggiornamento: 6 mar 2022

Guerra: chi muore non è mai chi decide.


La sala del cinema dell’Oratorio è affollata. Una platea di centocinquanta bambini. Una galleria riservata alle femminucce. Meglio non mischiare i sessi, troppo difficile la gestione. Il momento è topico, scontato, atteso per più di un’ora. E’ il momento della liberazione, della festa, delle urla, del pavimento di legno che viene percosso con energia dai piedi di tutti i maschi. Il testosterone sta solo in platea. Sullo schermo la ragione di tale euforia "tifosica". E’ il momento in cui “Arrivano i nostri”, sempre i cow boy, indubbiamente. Sempre i cow boy i buoni, sempre gli indiani cattivi. E’ un cliché ricorrente su quello schermo, e in genere in quei primi anni sessanta del secolo scorso, insieme a tanti altri. Uno stereotipo che crea un’idea e una cultura, senza neppure saperlo e sceglierlo. “Il pesce è l’ultimo ad accorgersi dell’acqua in cui è immerso” (cit. H. Schein).


I buoni e i cattivi, una lotta eterna tra il bene e il male. Sin dalla notte dei tempi, sin dalla creazione, Adamo ed Eva, Caino e Abele.

L’attualità ci sbatte di fronte l’ennesimo assalto, l’ennesimo accerchiamento di carovana con frecce che non vogliono sbagliare un colpo. L’attualità ci obbliga a scegliere da che parte stare, ci costringe a riconoscere i buoni e i cattivi. Indiani e cow boy. Non si può stare neutrali. L’indifferenza è la peggior ricetta, anche se tutto sembra lontano, anche se vicino.


Ma chi sono i buoni e chi sono i cattivi? E chi sono "i nostri" che tutti sperano di veder arrivare, per porre fine al bagno di sangue? Ed ecco gli esperti che spiegano le ragioni degli uni. Contrapposti ad altri esperti che spiegano le ragioni degli altri. E tutti che dicono e parlano, sdraiati nei comodi letti, con acqua calda, primo, secondo, contorno, frutta, caffè e ammazzacaffè. Ma sia gli uni che gli altri su un presupposto non possono non convergere. Una guerra è sempre una disgrazia da fermare. Perché chi muore non è mai chi la decide.


E come si fa a fermare una guerra, senza fare la guerra?

Nella mia prima vita professionale da esperto informatico, ho conosciuto il valore delle informazioni, ho capito quale potere possono avere le informazioni in una azienda. Figuriamoci in una guerra. Quando ci sono e quando non ci sono. Soprattutto quando non ci sono o vengono distratte, distorte, inceppate, manipolate, impedite.


E l’unica idea che mi è venuta in mente per fermare la guerra senza fare la guerra, è quella di sostenere chi potrebbe avere un grosso potere, per tagliare i vari cordoni che nutrono le azioni militari. E per questo che faccio il tifo, è per questo che io sto con Anonymous, nella speranza che riescano a mettere in tilt il sistema di comunicazioni che fa da ragnatela stabile per il movimento del ragno. Di qualsiasi ragno.


Io sto con Anonymous, per fermare la guerra senza fare la guerra. Senza se e senza ma.
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