Chissà come vedono il mondo i suoi occhi.
"Guarda quella nuvola che sembra un orso", indica la mamma alla figlia Agnese. L'indice è puntato là sulla destra, fuori dal finestrino, il tono della voce è divertito, eccitato dalla visione improvvisa e simpatica. Agnese non ride. Cerca di seguire la linea immaginaria che collega il dito della mamma all'orso indicato, ma non è nella stessa direzione dei suoi occhi. E poi sembrano tutte uguali quelle nuvole di primavera, tutte a forma di nuvola.
Ogni punto di vista, non è solo fisico. La percezione è sempre una costruzione della nostra mente che gli altri non possono vedere.
"Ma sì, non vedi le grosse orecchie tonde?", ripete la mamma. "Ma dove?". "Ma dai, ma come fai a non vedere, è anche grossa, là vicino a quell'altra tutta bianca...". Niente da fare. Agnese non vede niente e si arrabbia. Un po' per la sua tenera età, e un po' perché spesso le persone quando non capiscono si arrabbiano. Sia quelle che spiegano che quelle che ascoltano non capiscono. Ecco spiegato il nostro handicap.
Ecco perché scrivere è un'opera d'arte
Ogni volta che inizio a scrivere, mi trovo di fronte ad Agnese. Ho alcune nuvole da far vedere e riconoscere, ma lei non ha i miei occhi. Il mio è un tentativo. Il suo è un tentativo. Il tentativo di vedere o far vedere qualcosa che non si vede, o non si è ancora visto.
La parole sono come le nuvole perché formano disegni strani, chiari solo agli occhi di chi le scrive, chiare solo per chi ne ha un'esperienza diretta.
Le parole sono come le nuvole perché fanno in fretta a svanire, basta un po' di sole o una piccola distrazione e se ne vanno.
Le parole sono come le nuvole perché possono essere cariche di pioggia, e bagnare il volto di lacrime, o di leggera brezza e carezzarlo teneramente.
Le parole sono come le nuvole, perché servono per creare forme che gli altri possono riconoscere e forse capire.
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